Cerca nel blog

martedì 23 giugno 2015

Il piccolo demiurgo

P'tit Quinquin, film TV del 2014 di Bruno Dumont.

La scuola è appena finita e a Boulunnais, un piccolo villaggio affacciato sulla Côte d'Opale, non succede mai niente. I giorni d'estate sono sempre stati monotoni, niente che possa illuminarti la giornata o allargarti l'anima. Non basta certo sdraiarsi sulla spiaggia o sotto un albero a guardare le nuvole o una processione di formiche.

A Quinquin, un ragazzino dal naso da pugile e dall'anima nera, non resta che fantasticare ad occhi aperti, rimodellare la realtà che lo circonda e punire i colpevoli dei piccoli torti subiti, da lui o dalla sua bizzarra famiglia. Il piccolo demiurgo rimodella il suo mondo sonnolento a sua immagine e somiglianza. È un mondo infantile, senza sfumature, bianco o nero, buono o cattivo, popolato da mucche assassine (pazze ovviamente), cadaveri fatti a pezzi, improbabili poliziotti, funerali farseschi. Ed è un mondo semplificato, violento ma sicuramente non noioso.

Il piccolo Quinquin, con la sua inseparabile fidanzatina, osserva da spettatore partecipe la sua creazione. È sempre presente (come potrebbe essere altrimenti), ma ad una certa distanza. Al suo alter ego (il comandante Wan der Weyden), capita l'antifona, alla fine non resta che ridere.



Tutto si può dire di Dumont, nel bene e nel male, tranne che non sia un regista originale e spiazzante. Questa volta ha confezionato una commedia grottesca, visionaria, in cui fa la parodia di se stesso e dei suoi primi, fantastici film.

Non vedevo un film da più di un anno e non ne vedrò per altri dieci. Sono contento, stracontento, di aver scelto questo.

10/10


domenica 23 marzo 2014

Politist, adjectiv

La legge, non la giustizia


Film rumeno del 2009, diretto da Corneliu Porumboiu, gran premio della giuria a Cannes nella rassegna "Un certain Regard".











In un romanzo giallo (o in un film poliziesco) di solito c'è una inchiesta, un fatto criminoso più o meno grave; si indaga, non ci sono tempi morti e la soluzione del mistero, dopo vari colpi di scena, alla fine viene scodellata allo spettatore frastornato. Qui, in questo Politist, Adjectiv, non c'è crimine (almeno il detective che dovrebbe indagare non lo ritiene tale), non c'è indagine (o meglio, ci sono i pedinamenti, gli appostamenti, lunghi, interminabili, ma è evidente che non produrranno nulla), non c'è niente di niente. Eppure c'è una denuncia e qualcuno dovrà pagare. Nel suo piccolo una specie di rivoluzione copernicana, come quella che l'arrivo del commissario Maigret produsse nell'anchilosato panorama del romanzo giallo. Come disse ai tempi Savinio: "il suo arrivo creò un tipo nuovo di romanzo poliziesco: il romanzo poliziesco borghese. Qui non c' e' eccesso di terrore. Il delitto ci scappa, si' : ma è delitto modesto e nient'affatto singolare. Non si resta col fiato sospeso, non ci si mette a tremar dentro il letto, col lenzuolo fin sopra il naso e due dita che appena appena sporgono per reggere il volume micidiale e raggricciante. No. E  quanto al commissario Maigret esso e' un borghese grasso e bonario, una specie di papa' senza figli, un moralista che fuma tabacco popolare, porta le scarpe con l' elastico, si sente a disagio negli ambienti di lusso, si porta dietro un paracqua, odia il cosmopolitismo, compie il suo lavoro di ricerca più per dovere di funzionario che per sete di scopritore, e che se affretta la soluzione dell'inchiesta, lo fa soprattutto perché la cucina dei "Palaces" non gli conviene affatto, e smania di ritornare ai piatti casalinghi che gli prepara la moglie".











Qui non c'è niente di così eclatante, ma è interessante la contrapposizione tra il capo e il detective recalcitrante. Lo scarto enorme che il poliziotto avverte tra una legge, una norma e il suo senso personale di giustizia non gli consente di far marcire in galera un ragazzo per qualche grammo di hashish. Ma il capo non è d'accordo: per lui la legge è legge, non se ne può dare una lettura personale, che minerebbe alle basi lo stato di diritto e, anche se "la legge è norma fuggevole che dipende dalle circostanze", bisogna rispettarla. Sempre. E così va avanti un duello dialettico, a colpi di dizionario,. Non ci saranno spargimenti di sangue, è vero, ma l'esito non sarà indolore. Quattro chili di dizionario possono far male!
8,5/10


venerdì 21 marzo 2014

Heli

Alien 3


Film del 2013 del messicano Amat Escalante, premio per la miglior regia a  Cannes












Possono esistere, da qualche parte del globo, individui che, pur vivendo immersi in un mondo marcio, corrotto, traboccante miseria e violenza, non ne vengono toccati, continuando a vivere la loro vita virtuosa? Esistono simili alieni? O è solo questione di tempo, di opportunità, di casualità perché anche loro, alla fine, diventino come gli altri? Esattamente come tutti.














 È questo il filo portante del bellissimo film di Amat Escalante, ambientato nella regione messicana di Guanajuato, povera, arida, rocciosa, in cui imperversano bande di narcotrafficanti e di poliziotti corrotti. Nessuno è al sicuro, nessuno se ne può tirar fuori, neanche volendolo.
Nonostante il regista sia un allievo di Reygadas, questo film è stato accostato, per la violenza esibita in maniera molto molto realistica, a Kinatay di Brillante Mendoza. È vero, il paragone è molto calzante: i due film si assomigliano molto. L'unica differenza sta nel fatto che nel film di Mendoza la violenza è vista come un male necessario, una consuetudine, un lavoro come gli altri, da accettare così com'è, senza farsi troppi problemi morali, mentre qui è come un cancro, con metastasi diffuse, che prima o poi si espanderanno anche alle parti sane. Allegria.














 Per una volta non sono completamente d'accordo con Frank Viso quando dice: "chiuso il cerchio di soprusi assistiamo a un seguito costruito attraverso un'inusuale elaborazione del dramma, che pur rimanendo nonostante tutto la parte migliore, purtroppo si stempera in un finale ermetico e riciclante". Non so, forse ho preso il solito abbaglio, ma il finale l'ho trovato geniale, la quadratura del cerchio, l'unico modo possibile per dare una risposta al quesito che sta alla base del film: esistono gli alieni?
8,5/10