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martedì 31 dicembre 2013

I 15 migliori film visti quest'anno (2013)

I 15 film dell'anno (secondo me)


Non è certo la fantasmagorica classifica di  l'emergere del possibile, molti film non ho avuto modo di vederli (Sion Sono, Moodysson, Serra, Ming-liang ad esempio). Questi sono, per me, i migliori film usciti quest'anno (nelle sale e non). Tutti reperibili in dvd.



15Il passato (2013)


Non ha certo la forza di Una separazione; è molto più dilatato, meno coinvolgente. Un gran film comunque.





14: John dies at the end (2013)

Fantasmagorico, allucinato, fuori di testa, spassoso. Una storia senza capo né coda, scombiccherata. Da vedere proprio per questo






13: The broken circle breakdown (2012)

Amore, musica country e morte. Tristissimo e con finale da brividi.








12: Arrugas (2011)

Un cartoon spagnolo ambientato in un ospizio. Mai patetico, né piagnucoloso, ma devastante






 11: No (2012)

Storia della geniale campagna pubblicitaria che ha portato il fronte del No a vincere il referendum che ha segnato la fine del regime di Pinochet. Forse non ha la forza né la drammaticità dei precedenti film di Larraìn, ma è un gran film







10Oltre le colline  (2012)

Una storia vera, devastante. Religione, superstizione, morte. Da lasciare senza fiato.








9Lo sconosciuto del lago  (2013)

Un "thriller" gay, crudo, esplicito. Fatalista.









8: In another country  (2012)

Forse il film più ambizioso di Hong Sang-Soo. Isabelle Huppert interpreta tre  personaggi diversi, ma molto simili, nati dalla fantasia di una ragazzina annoiata. Magico






7La vita di Adele (2013)

Una storia d'amore bellissima, narrata in maniera meravigliosa e realistica. Romantico








6Tabu  (2012)

Una tormentata storia d'amore, il passato che ritorna.Fatalista









5:  Holy motors (2012)

Visionario, allucinato, perverso. Proprio come Monsieur Merde, "il ritorno del personaggio più folle di Carax".








4:  La quinta stagione (2012)

La primavera si rifiuta di arrivare, la terra non riesce ad uscire dal letargo invernale. "Un meraviglioso affresco ambientalista".








3Post tenebras lux (2012)

Reygadas all'ultima potenza. Un film da decrittare, meraviglioso.









2:  Camille Claudel 1915 (2012)

La storia di Camille Claudel, fatta rinchiudere in manicomio dalla sua famiglia. Camille aspetta la visita del suo spregevole e famoso fratello, Paul. Amato e adorato, nonostante tutto.







1Nella casa (2012)

Il solito geniale Ozon nel suo film forse più bello.









La canzone dell'anno?

sabato 28 dicembre 2013

In another country

Miracoli coreani 2


Una pioggerella sottile, ma insistente e fastidiosa. Un viale che costeggia una spiaggia alla moda, quasi deserta a causa della stagione inoltrata. Anne con il suo ombrellino azzurro cammina impettita. È una donnina sui cinquant'anni, tutta fragilità, tutta delicatezza infantile,  una elegante donna francese. Nel film ha tre ruoli da interpretare: una regista di successo solida ed equilibrata, una attrice che aspetta trepidante l'amante regista in ritardo, una donna abbandonata dal marito e in cerca di se stessa. Le tre Anne visitano gli stessi luoghi (il faro, la spiaggia, l'emporio) incontrano le stesse persone (su tutti un bagnino insistente e un po' scemo), maneggiano gli stessi oggetti e, in fin dei conti, sono personaggi quasi interscambiabili, se non fosse per piccole ma non insignificanti differenze nel carattere. 
Nonostante i fatti raccontati siano quasi privi di importanza, così come i dialoghi, riescono però ad avere un'aurea, una fascinazione insuperabile, e, così come per Marcel Proust  una madeleine bagnata nel tè apre come per magia un ventaglio di ricordi che sembravano dimenticati, la storia minima delle tre Anne in chi la guarda riesce ad ottenere un effetto simile.


Il cinema di Hong Sang-soo  gira sempre intorno alle stessi temi, alle stesse ossessioni. I protagonisti sono sempre uomini o donne dello spettacolo osservati dallo sguardo ironico e un po' sarcastico del regista.
In another country si avvicina maggiormente a Virgin stripped bare by her bachelors più che altro perché la trama si biforca in più interpretazioni, ma non è troppo distante da altri film del regista come Ahahah o come Night and day.


8/10  Da-reun na-ra-e-seo
(2012) on IMDb

mercoledì 25 dicembre 2013

L'inconnu du lac

Vittime sacrificali


Si trattava solo di aspettare, senza fretta, fumando l'ennesima sigaretta con lo sguardo distrattamente rivolto al lago appena increspato da una leggera brezza. Tutti avevano il loro giorno, la loro ora: prima o poi sarebbe arrivato. Senza fallo. Lo aspettava, lo aspettava davvero, con trepidazione; ma forse avrebbe dovuto scappare a gambe levate. Via, il più lontano possibile. Ma, lo aveva constatato con una certa rassegnazione, non poteva stare lontano da lui, nonostante il terrore, nonostante la paura che lui prima o poi gli potesse fracassare la testa con una mazza o che lo facesse fuori, magari annegandolo. In quel lago dalle acque limpide ma infestato da siluri di diversi quintali, che spolpavano i cadaveri. Ma sì, forse il ruolo di vittima sacrificale gli si addiceva. Lo sapeva e si detestava per questo.






Bellissimo film in cui ci si interroga sul significato dell'amore, dell'attrazione. Con un certo fatalismo cupo, tragico, malinconico, ma in modo realista, senza infingimenti. I dialoghi, quasi rohmeriani nella loro insignificanza, danno un ulteriore tocco di veridicità a tutto il racconto, così come i personaggi di contorno, spesso bizzarri ma autentici. Un vero thriller psicologico,  molto intrigante e con un finale splendido.

8/10  L'inconnu du lac
(2013) on IMDb







lunedì 23 dicembre 2013

Film di Natale

Tre film e tre perfetti personaggi per questo Natale



Primo odioso, untuoso protagonista:

    Se tu sapessi con quanto amore seguo i tuoi passi
    Se tu sapessi con quanto amore
    asciugo le tue lacrime
    Se tu sapessi con quanto amore
    ti prendo per mano affinché tu non cada
    Se tu sapessi con quanto amore ti guardo
    mentre annaspi nel caos della vita
    e ogni istante, minuto, ora
    della giornata ti sono accanto.




Questo scriveva l'ipocrita fratello, nonostante tutto ancora tanto amato. Il cattolico redento, fulminato sulla via di Damasco la notte di Natale nella cattedrale di Notre-Dame e oramai incamminato a gran passi sulla via della beatificazione in vita. Il santo che, bollando la sorella come peccatrice, la fa internare in un manicomio per trent'anni, nonostante il parere contrario dei medici. Fino alla morte. Unica sua colpa: il voler vivere da sola, con i suoi amati gatti. 


Seconda spietata, repellente protagonista:

"Quelle svergognate, che non sono riuscite a tenere chiuse le gambe, non si meritavano altro. Non potevano certo accudire il frutto del loro peccato.  Non potevano certo farlo crescere nella vergogna. Cristo si è immolato per redimerci dal peccato, per questo non ho nulla da farmi perdonare."




Questo diceva la vecchia suora, ormai costretta in una sedia a rotelle, inacidita da una vita vissuta nel rancore. Tutte le fattezze del suo viso, occhi piccoli e sporgenti  e lineamenti squadrati, rimandavano ad una ripugnate arpia. Feroce e malevola. Una suora del sacro cuore, cui un innato senso della pietà e della misericordia  spinse a vendere, strappandoli alle loro madri naturali, tantissimi bambini irlandesi a ricchi americani. Un vero, fulgido esempio di pietas cristiana!


Terzo protagonista: Giobbe del XXI secolo.

"Il Signore, il Dio del Vecchio Testamento, il Dio a cui l'80% del mondo si genuflette, è di gran lunga la persona più malvagia nella letteratura;  è un manipolatore, un sadico, un assassino, un razzista, un misogino, un omofobo, gretto e vano, che esige sacrifici di bambini e fa giochi sadici per testare la fede delle persone. Mia figlia sta morendo perché certa medicina non è considerata etica da parte della comunità religiosa."




Queste sono le parole comprensibilmente  piene di astio e disperazione del protagonista: un cantante country, fan sfegatato di Bill Monroe, un ateo romantico. La sua compagna è una tatuatrice, religiosa, ma senza essere bigotta. Quando la loro unica figlia si ammala di cancro il loro amore viene messo davvero a dura prova. Saprà il nostro Giobbe sopportare tutte le calamità che gli pioveranno addosso?


lunedì 23 settembre 2013

Bar mitzvah

Rituali


Cortometraggio del 1993, diretto da Duddel Kravitz.

1.    Primo piano di un dito rugoso che guida la mano di un ragazzo tredicenne lungo le lettere di un libro di preghiere ebraico.
2.    Nonno Cohen è seduto al tavolo della sala da pranzo con Bernard, il nipote, e gli insegna le melodie della Torah. NARRATORE: Più antico delle rive del Nilo, non così crudele quanto il rito della circoncisione presso gli Zulù, e più intricato di un fiocco di neve è il bar mitzvah...
3.    Nella sinagoga, Bernard, in piedi, osserva l'arca santa. Sue reazioni. CORO: Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno.
4.    Nonno Cohen, con indosso uno scialle da preghiera, porge la Torah a Mr Cohen, che la passa al figlio. NARRATORE: Di generazione in generazione, anni e anni prima della nascita di Cristo...

5.    Primo piano di un bambino che viene circonciso. NARRATORE:... e nei secoli il bambino ebreo di otto giorni è stato accolto nel suo popolo con il sangue. Tam-tam in sottofondo. Sempre più forte.
6.    (Montaggio) Lampi. Danza tribale africana. Fuoco nella giungla. Stuka in picchiata. Una gara di ballo a ripresa accelerata. Una vacca macellata. Fuochi d'artificio contro il cielo notturno. Altre danze africane. Torrenti di pioggia. La pubblicità capovolta dei reggiseni Maidenform. Sangue schizzato contro un vetro. Un leone ruggisce. Tamburi a tutto volume. Silenzio.
7.    Lenta dissolvenza fino a un primo piano del viso di Bernard Cohen illuminato dal sole del mattino. NARRATORE: Questa è la storia di uno di quei bambini ebrei, e di come, all'età di tredici anni, venne infine accolto come membro adulto della sua tribù.
8.    Ancora stacco sul primo piano di una circoncisione.
9.    (Montaggio) Fulmini. Primo piano della testa del David di Michelangelo. Danza tribale africana. Primo piano di un avviso contro le malattie veneree in un orinatoio pubblico.  Soldati in marcia, ripresa accelerata. Nuovo primo piano di circoncisione. Inquadratura rovesciata di una mano sul seno di una donna.

Un cortometraggio davvero particolare, una bomba!


musica appropriata: Jane's addiction, Ritual de lo habitual

giovedì 19 settembre 2013

Hahithalfut (The exchange)

Perturbanti spaesamenti


Film israeliano del 2011 diretto da Eran Kolirin.

Oded torna a casa in un orario per lui insolito. Tutto gli sembra estraneo, nuovo. Mai visto. Si sente come quando tornava malato da scuola e tutto aveva un aspetto diverso. Questo sconvolge la sua vita, inizia a trascurare il lavoro, la famiglia. Osserva tutto con occhi diversi, come fosse la prima volta.

La luce simile a farina, bianca, opaca, dava ai contorni delle cose un'apparenza tremolante. Oded fissa il soffitto e segue le linee di una piccola crepa che corre in basso sul muro. Ha dei brividi. Si rannicchia sul pavimento freddo, come una cosa. La stanza si ingrandisce, illuminata da un raggio di sole, lui guarda tutto come fosse un turista, sotto una luce diversa. Percorre il corridoio, dà uno sguardo ad ogni stanza. Addormentata nel letto una giovane donna. La osserva a lungo. Dovrebbe essere sua moglie, ma non ne è completamente sicuro. Non la sveglia. Ripercorre il corridoio, chiude silenziosamente la porta ed esce.
Camminando per la strada, lascia scorrere le dita sui muri di pietra, strisciando le mani fino a scorticarle e leccandosi il sangue. Ha uno sguardo vuoto, perso chissà dove. E cammina.


Secondo Freud "il perturbamento nasce quando in un oggetto o in una situazione si uniscono caratteristiche di estraneità e familiarità". Una situazione anche insignificante, che esula dalla solita, noiosa routine, può incrinare di botto tutte le sicurezze di una vita, sconvolgendola. Oded, che incappa in una simile disgrazia, dapprincipio osserva il proprio mondo abituale con uno sguardo alieno, in una specie di estasi contemplativa. Contemplativa sì, ma anche distruttiva, perché, adottando una specie di cartesiano dubbio metodico esistenziale, tutto viene messo in discussione. La sua vita scarrozza dai soliti binari, più o meno ben tracciati. Non ha nessuna certezza. Può solo sperare che l'azione abrasiva, erosiva abbia termine e alla fase contemplativa distruttiva sopraggiunga quella costruttiva. Su nuove e più solide basi.


7,5/10
 Hahithalfut
(2011) on IMDb


musica appropriata: Tinariwen, Chatma


mercoledì 18 settembre 2013

Daisy Diamond

La bambina che non c'era


Film danese del 2007 diretto da Simon Staho.

Anna ha un sogno: fare l'attrice. Per questo si sottopone a continui provini.  Ma il mondo del cinema è spietato, ottenere una parte è difficile, ancora di più se sei una madre single di una bambina di 4 mesi in continua crisi di pianto. Anna non sopporta più questo incessante pianto disperato. Ma la bambina è reale o è solo parte della recita infinita che è la sua vita?

Un pianto lamentoso, irritante, ad elevata, insopportabile tonalità.  Incessante. Di giorno, di notte, col sole o con la pioggia, non si ferma mai. Un pianto che spezza i timpani, che urta i nervi. Vorresti solo cessasse. Una volta per tutte. Per sempre.

"Volevi essere una madre. Hai avuto paura quando non potevi più tornare indietro, terrorizzata dalla responsabilità. Terrorizzata di perdere il teatro, impaurita dal corpo che si gonfiava. Ma hai continuato ad interpretare la tua parte, quella di una giovane madre in attesa. Hai tentato varie volte di abortire, ma quando hai capito che non potevi più far niente, hai odiato il bambino, hai desiderato che morisse. Quando infine è nato, lo hai guardato con repulsione e hai detto fra i denti: "Muori, ti prego. Muori, subito. Adesso. Ora. Muori, ti supplico!".


I personaggi di cui Anna deve recitare la parte si confondono sempre con la sua vita vissuta; in questo contesto è difficile, se non impossibile, districare questa matassa dove il vero, l'immaginato, il vissuto, il recitato si aggrovigliano inestricabilmente. A confondere ancor più le acque anche il film che Anna guarda incessantemente, "Persona" di Bergman, un film dove la confusione e sovrapposizione di ruoli tra paziente ed infermiera è totale e dove il racconto di un infanticidio in seguito ad una maternità indesiderata ha un ruolo cruciale.
Anche la lenta, inesorabile discesa agli inferi della giovane attrice, che passa da provini per cinema impegnato al porno ed infine alla prostituzione, non è mai chiaro se sia una vera via crucis  o soltanto una finzione, una recita. Dolorosa, realistica, ma sempre una recita. Ad uso e consumo del pubblico pagante o soltanto per placare i propri sensi di colpa? Sensi di colpa vissuti in prima persona o soltanto da un personaggio interiorizzato in maniera perfetta? E, alla fine, quando finalmente riuscirà a vendere i diritti della propria storia, quale personaggio Daisy/Anna/Elisabeth interpreterà?
Forse, però, è una lettura personale e sballata del film. Meglio, sicuramente, leggere qui.

8,5/10
 Daisy Diamond
(2007) on IMDb


musica appropriata: Spectral, Sob story



giovedì 12 settembre 2013

Caterpillar

Conati


Film giapponese del 2010 diretto da Kôji Wakamatsu.

Il tenente Kurokawa  ritorna al suo villaggio dopo essere stato ferito durante la guerra. Torna mutilato orrendamente, senza braccia né gambe, ridotto ad un vegetale. Sua moglie dovrà curarsi di lui, eroe di guerra. Ma è davvero un eroe?

"Pronto? Shigeko?" Sì, sono io". "Ciao, cara. Ho saputo per vie traverse, diciamo così, che  oggi è tornato tuo marito, Non sei contenta?" "Contenta? Che dici! È tornato senza braccia e senza gambe, sfigurato, muto e quasi sordo. Dovrei essere contenta? Sei scema?" "Va bene, ma almeno è tornato! Deve essere bello saperlo a casa, dopo tutto questo tempo" "Sì, forse hai ragione, adesso, visto come è ridotto, non potrà più picchiarmi, insultarmi, violentarmi, schiaffeggiarmi per un nonnulla. È bello saperlo a casa! Quando mi hanno dato la notizia, per l'emozione ho vomitato in un'aiuola del municipio. Poi ho vomitato poco distante, accanto al ristorante vietnamita. Così ho chiamato un risciò. Ho vomitato anche dentro il risciò." "Ti capisco, fa bene liberarsi ogni tanto! Ma almeno sarai contenta, adesso che è un eroe di guerra, carico di medaglie, adesso che è il dio della guerra?"
Si sentono rumori come di liquido gorgogliante, poi un rumore più forte, come un'esplosione (vomito a getto?) Poi più niente.

Un film sulla atrocità della guerra, di qualsiasi guerra. E sulla ipocrisia delle retorica militarista. Tratto da un racconto di Edogawa Rampo. Wakamatsu confeziona un film estremo ma, purtroppo, estremamente didascalico, in cui i continui flashback risultano davvero fastidiosi. La società giapponese, con il suo confucianesimo reazionario, maschilista, troppo ancorato alle tradizioni, non ne esce granché bene.

7/10
 Kyatapirâ
(2010) on IMDb


musica appropriata: Valeska Gavotte, The Pergola reprise

martedì 10 settembre 2013

The taste of tea

Una vita tranquilla


Film giapponese del 2004 diretto da Katsuhito Ishii.

La vita di tutti i giorni della famiglia Haruda, una famiglia giapponese come tante, forse solo un po' eccentrica. Ma forse è salutare affrontare i problemi quotidiani con il sorriso sulle labbra.

Nelle pigre ore pomeridiane gli alberi proiettano ombre corte, dal cielo viene una luce asciutta, e tutto smuore in un languido torpore. Il luogo sembra oppresso da un totale silenzio, rotto solo ogni tanto dal fruscio lieve di una brezza tra le fronde degli alberi.
Sachiko, imbronciata, guarda con risentimento la copia gigante di se stessa che è apparsa dietro la collinetta. Da tempo cerca il modo per farla scomparire, non è bello sentirsi sempre osservata! Però fa finta di niente e concentra la sua attenzione sul fratello Hajime. Perché mai sembra guardare il nulla? Sembra ipnotizzato. Deve essere ancora innamorato. È sempre innamorato!
Hajime non si accorge dello sguardo concentrato e un po' schifato della sorella, tutta tesa nello sforzo di leggergli i pensieri, e osserva meravigliato la danza scomposta, surreale di nonno Akira. È uno spettacolo: fa dei gesti strani, ogni tanto solleva una gamba, ogni tanto schiocca le dita. Sembra un piviere alieno, un uomo uccello non di questo mondo. Starà provando la coreografia per la sua stupida canzoncina: Yama yo.  Domani dovrà registrarla. Non pensa ad altro. Nella sua testa deve ronzare uno sciame di pensieri contraddittori, ma, nonostante tutto, sembra colmo di riconoscenza e affetto per il mondo. E sorride.

Un film lieve lieve, colorato, eccentrico. Può ricordare i film della Ogigami. Unico difetto: un po' lungo (143 m.), una sforbiciatina non avrebbe nuociuto.

7,5/10
 Cha no aji
(2004) on IMDb


musica appropriata: Little temple, Yama yo (colonna sonora)


domenica 8 settembre 2013

Tabu

Una spina nel cuore


Film portoghese del 2012 diretto da Miguel Gomes.

Pilar è una donna impegnata in cause civili ed è sempre preoccupata della sorte altrui per innato altruismo. In questo momento la solitudine di Aurora, sua anziana vicina di casa, la angustia. Vorrebbe fare qualcosa. Alla morte dell'anziana signora, Pilar viene a conoscenza di una tormentata storia d'amore che ha sconvolto la vita di Aurora e del suo passato in Africa. Tra coccodrilli e caccia grossa.

"Sotto la pioggia o il sole rovente, una creatura malinconica attraversa giungle e savane desolate. Niente sembra spaventare l'intrepido esploratore che avanza seguito dal suo contingente di uomini. La sua è una spedizione scientifica, ma è il cuore, il muscolo più insolente, a spronare la sua marcia. Povera triste creatura malinconica. Sta fuggendo dalla sua terra, vuole arrivare ai confini del mondo dove l'eco della sua tragedia sembri meno percepibile. Vuole fuggire dal luogo che vide morire la sua sposa adorata, vuole sconfiggere la morte inesorabile. Taciturno e malinconico, avanza per quelle lande inospitali. Ogni tanto, per qualche insondabile mistero, gli appare nitidamente colei che amava, con il vestito che indossava prima di morire e che ora avvolge i suoi resti mortali. L'apparizione, spietata, gli si rivolge sempre con queste parole: "Puoi andare lontano finché il fiato ti accompagni, ma non potrai sfuggire al tuo cuore. Mai". "Allora morirò, se questo è il mio destino", ripete ogni volta lui, rassegnato.
Cammina cammina arriva finalmente dove sa bene che incontrerà il suo destino: un fiume placido dalle acque torbide, dove un coccodrillo aspetta paziente. L'intrepido e malinconico esploratore si tuffa; i suoi uomini assistono all'orrore senza poter far nulla. Il destino  è il destino, si sa!
Da allora qualcuno racconta di aver visto un coccodrillo triste, malinconico accompagnato da una donna vestita all'antica. Una coppia inseparabile che neanche la morte può sciogliere."

Un film magnifico, diviso in due parti. La prima ambientata nella Lisbona dei nostri giorni e che racconta della vecchiaia e della solitudine disperata di Aurora, della sua eccentricità velata di mistero. La seconda parte è ambientata in Africa, ai tempi della giovinezza di Aurora. Il film qui cambia completamente registro, omaggia il cinema di Murnau, si innalza, si eleva,  tocca vette oniriche, poi plana rarefacendosi in un bianco e nero sfolgorante. Un capolavoro, in poche parole!

10/10
 Tabu
(2012) on IMDb


musica appropriata: Ramones, Baby I love you! (colonna sonora)

venerdì 30 agosto 2013

Il profumo della papaia verde

Oltre il giardino


Film vietnamita del 1993 diretto da Tran Anhn Hung.

Mui, una giovane contadina, va servizio in città in una casa di modesti commercianti. La casa è piccola, il lavoro gravoso, ma Mui non si lamenta mai. La padrona di casa è gentile e la tratta come una figlia, il marito invece, periodicamente, scappa per qualche mese portandosi via tutti i risparmi. Dopo dieci anni, però, la situazione economica disastrata  non consente più alla famiglia il lusso di una domestica tuttofare. Mui deve trovare un altro posto dove stare.

Ginocchioni, sfrega il pavimento. Avanti e indietro, indietro e avanti. Per ore. Spesso intona piano un motivetto, una canzone d'amore traboccante di desiderio. Canticchia timidamente, e sorride. Sorride sempre. Il più delle volte non si rende nemmeno conto di quanto sia gradevole la musica che esce dalla sua bocca e si stupisce se qualcuno la guarda ammirato mentre lavora e canta. Travolto da tanta grazia e da tanta bellezza.
La casa è piccola, soffocante, traboccante di tante piccole cose di uso quotidiano. Ma per Mui non è una gabbia, una prigione. Tutt'altro. Appena fuori la porta di casa, sempre aperta, si apre un piccolo, microscopico giardino. Dove cresce una fantastica papaia dai frutti profumati, dove scorrazzano le formiche, dove, dietro una ninfea, gracidano le rane, e dove prolifiche arvicole costruiscono il nido. Questo è il giardino segreto di Mui, il posto magico dove può rifugiarsi dopo una faticosa giornata di lavoro e dove può fantasticare sul suo amore irraggiungibile, che la fa volare con la fantasia, che  la trasfigura e la innalza. Anche se non ce ne sarebbe bisogno. Lei è già perfetta!

Una storia semplice, raccontata con sguardo distaccato. La storia di una ragazza apparentemente fragile, delicata, ma che una ricchezza interiore straripante rende invulnerabile. Per certi versi può ricordare i film di Ozu, soprattutto per la sua capacità di mettere l'accento sulle piccole ma fondamentali cose di vita quotidiana.
Palma d'oro a Cannes.

7/10
 Mùi du du xanh
(1993) on IMDb


 Musica appropriata: Fionn Regan, Lord help my poor soul






domenica 25 agosto 2013

Tejút

Piano piano, sequenza per sequenza


Film ungherese del 2007 diretto da Benedek Fliegauf.

Dieci piani sequenza

1: un pala eolica che gira vorticosamente. Buio. La pala è illuminata parzialmente. C'è un vento moderato. Si fa giorno. Le eliche continuano a girare. Implacabili

2: un campo coltivato. Una donna esce da una tenda posizionata in cima ad una collina. E' l'alba. C'è un forte vento. La donna si allontana per fare pipì. Compiuti i suoi bisogni fisiologici, ritorna indietro. La tenda, però, si solleva e vola lontano. La donna e il suo compagno, che presumibilmente dormiva, la inseguono.

3: un fiume placido. Una barca. Vola in alto indifferente un uccello. Una carrozzella. Si sente il gemito di un bambino. Sensazione di pace. Passa una donna, scompare subito dall'inquadratura. La barca si avvicina lentamente a riva. Si sentono sciabordii sempre più vicini. Dalla barca scende un uomo che si dirige verso la carrozzina. Scompaiono entrambi dall'inquadratura. Poco dopo la carrozzina ricompare trainata da un altro uomo (o forse è lo stesso vestito diversamente). Poi solo il fiume.

4: un albero maestoso con un grande nido (cicogna?) Una montagnola serve da palestra ad un ciclista per allenarsi. Arriva un secondo ciclista. Si assiste alle loro evoluzioni. Non sono male! Nessuna nuova dal nido. Forse è stato abbandonato. Si sente sempre un forte vento e l'abbaiare di un cane. I ciclisti si immobilizzano a guardare non si sa bene cosa.  Si sente il verso di un corvo. Si è forse impossessato del nido? Vai a saperlo. I ciclisti si allontanano. Si sente l'abbaiare di molti cani e qualche tuono.

5: una piscina trasparente. Due anziani sono immersi nell'acqua, quasi addormentati. Un uomo si tuffa e nuota sott'acqua. Sensazione di pace. Una donna con una orrenda cuffia entra nell'inquadratura, nuotando malissimo. Poi scompare. Un vecchio emette un lamento. Di piacere? Un fringuello canta in lontananza. Uno dei due vecchi si risveglia dal torpore e nuota raggiungendo la donna dalla brutta cuffia. Si aggrovigliano.  Si sentono gemiti. L'altro è sempre immobile, in estasi. Non si accorge di nulla. I due, finito il coito, si immobilizzano. Poi la donna si allontana.  Alla fine i due vecchi, nella posizione iniziale, continuano il dormiveglia. Ripassa il sub, che scompare subito.

6: un paesaggio antropizzato. Qualcuno non inquadrato intona un motivetto. Vento, sempre vento. Passa una macchina. Scende un uomo con un cappello e poi altri due. Scaricano dall'auto un grosso rotolo arancio, che viene srotolato. Lentamente, molto lentamente. Poi i due salgono in auto e si allontanano. Rimane il terzo uomo. Si siede. Il rotolo si gonfia autonomamente. Ne viene fuori un piccolo teatrino colorato. Qualcuno ridacchia (il bambino canterino?). Si sentono delle voci lontane. Soffia sempre il vento. Arriva un vecchio con una bambina. Pagano, si tolgono le scarpe e salgono sul teatrino gonfiabile. Si risente il motivetto

7: decine di container accatastati.  Passa un uomo, intabarrato. Deve fare freddo. Si sentono dei rumori e il verso di un gabbiano. Arriva un operaio, che aprendo un container sparisce al suo interno. Ne esce con una valigia rigida. La fa vedere al primo uomo. Dal baule viene fuori una donna. Mezzo tramortita. Si allontana aiutata dall'uomo. L'operaio sparisce di nuovo dentro il container. Il gabbiano strepita. Non si sa cosa gli stia capitando. Ricompare l'operaio con un secondo baule. Ci sarà qualcuno dentro? In effetti si sentono dei colpi. Il baule e il suo contenuto vengono portati via. I colpi si intensificano. Poveretto!

8: una altalena in uno spiazzo condominiale. Una panchina. Si sente  il cinguettio di qualche passeraceo. Arriva una vecchia arrancando. La donna si ferma per prendere fiato, poi, finalmente, raggiunge la panchina. Ha il fiatone. Poverina! È esausta. Si siede, ma non smette di ansimare. Gorgheggi. Fringuello? Vai a sapere! La vecchia non si riprende, ma, coraggiosamente, si alza e si incammina. Stramazzerà al suolo? Sì, è proprio stramazzata sul selciato in posizione fetale. La scena non è drammatica, però. Esce dal palazzo un uomo che si avvicina alla donna. La guarda attentamente, si china, la sollevava, e se la porta via. Altalena e panchina ora protagoniste assolute della scena.

9: una collinetta con un albero. Un piccolo cumulo di neve. Rumore di vento. Il cielo è nuvoloso. Passa un camion sgangherato. Si sente il verso di una tortora dal collare. Dal camion scende un ragazzo. Si avvicina alla neve. Scende anche un uomo con due grossi sacchi. Li depositano sul cumulo di neve. I sacchi, sistemati strategicamente, diventano un pupazzo di neve. Bruttissimo, a dire il vero. I due osservano il loro capolavoro. Il ragazzo cerca di abbellire il pupazzo con una sciarpa. Ma il risultato è scadente tanto che ne sembra consapevole, ma abbraccia lo stesso il pupazzo. Gli dice anche qualche parola all'orecchio. Poi lo lascia là, al suo destino e i due se ne vanno. Rimane il pupazzo, l'albero e la collinetta. Sembra proprio che a breve pioverà. La tortora lo sa. E strepita.

10: skyline di una cittadina di notte. Arriva una bambina che osserva il paesaggio. Muove su e giù la testa. Arriva un secondo bambino. I due fanno dei gesti, una specie di ginnastica. Si sente il miagolio di un gatto terrorizzato. I due improvvisano una specie di balletto. Sono bravi! Una splendida coreografia. Poi si allontanano. Rimane la cittadina. All'orizzonte.

Titoli di coda. Sfondo color latte, forse andato a male. Bella musica. Evocativa. Fine.

Che dire? Per la prima volta ho fatto spoiler. Integrale!
Forse è meglio leggere qui.

7,5/10
 Tejút
(2007) on IMDb


musica appropriata: Sonic youth, making the nature scene

sabato 24 agosto 2013

Michael

Uno qualunque


Film austriaco del 2011 diretto da Markus Schleinzer.

Michael è un tipo ordinario, conduce una vita normale, ha un lavoro, una casa. In famiglia credono abbia anche una fidanzata tedesca. Ma le apparenze, spesso, ingannano.

Michael era uno qualunque, un tipo decisamente ordinario. Nell'aspetto, nel portamento, nel linguaggio, nel modo di gesticolare, in tutto. Nella folla non lo avresti mai notato. E lui non voleva farsi notare. Sì, era un tipo qualunque. Almeno così pareva. L'unica cosa che lo distingueva dall'ordinarietà era la sua casa. Una casetta a schiera, uguale a tutte le altre. Lui, però, l'aveva resa unica costruendo nel sottoscala una confortevole prigione, dove tenere segregata la sua piccola vittima: un dolcissimo bambino biondo. Un bimbo educato, remissivo, gentile, intelligente e, ormai, talmente senza speranza, da essere quasi collaborativo. Michael si era creato una famiglia. La sua famiglia. Ed era felice. Lui.
Dopo aver fatto, quando sentiva che era arrivato il momento, quel che doveva fare, si alzava, si lavava, si metteva il talco, si profumava, si pettinava, si vestiva, e così progressivamente tornava ad essere quel che non era. Perché non era certo un orco, un mostro. Lui era uno qualunque.


Wolfgang era un bambino felice, non gli mancava niente. La sua famiglia lo adorava, era un bambino come tanti. Adesso, però, sopportare tutta questa sofferenza per così tanto tempo gli ha bruciato l'anima. Non riesce neanche a piangere. Niente gli riuscirà più naturale, niente potrà più emozionarlo, entusiasmarlo; per sentirsi vivo, per poter assaporare una pseudo felicità avrà bisogno delle istruzioni. Di un manuale da portare sempre con sé, gelosamente. Da consultare all'occorrenza. Sbirciando qua e là, si possono leggere, ad esempio, le istruzioni per piangere: "lasciando da parte le motivazioni, atteniamoci unicamente al corretto modo di piangere, intendendo con questo un pianto che non sconfini nelle urla e tanto meno un insulto al sorriso. Il pianto medio o ordinario consiste in una completa contrazione della faccia e in un suono spasmodico accompagnato da lacrime e moccio... Per piangere bisogna concentrare l'immaginazione su se stessi... poi ci si copra il volto usando entrambe le mani con la palma in dentro... Durata media del pianto: tre minuti". Julio Cortàzar.

Markus Schleinzer ha lavorato con Haneke. Non occorre dir altro!

8/10
 Michael
(2011) on IMDb


musica appropriata: The wakes, The ballad of an ordinary man

venerdì 23 agosto 2013

Violeta se fue a los cielos

La vita, istruzioni per l'uso


Film cileno del 2012 diretto da Andrès Wood.

La vita sofferta, dolorosa eppure intensa, contraddittoria e a suo modo felice di Violeta Parra, la grande cantora cilena. Una artista a tutto tondo: pittrice, poetessa, scultrice, musicista, ricamatrice, ceramista. Diverse sue opere sono state esposte al Louvre.

Tra pochi minuti prenderà posto con eleganza sul palco accanto al bombo leguero. Imbraccerà la sua solita chitarra e riceverà con un inchino quasi impercettibile la rumorosa ovazione del pubblico. Il suo vestito, lungo, allegro, colorato luccicherà come se la luce riflettesse sopra il caloroso applauso delle persone che riempiono lo strano tendone da circo che  le accoglie.
Ed eccola, finalmente: Violeta, la grande cantora, acclamata in tutta Europa.
Prima di iniziare lo spettacolo, dispenserà consigli ai tanti artisti che affollano la sala. Dirà loro di scrivere come vogliono, usando il ritmo che sentono nell'anima, di provare strumenti diversi, di sedersi al pianoforte e distruggere la metrica. Di urlare invece di cantare, di soffiare nella chitarra e pizzicare la tromba, di disprezzare la matematica e abbandonarsi all'istinto. La creatività è come un uccello senza un piano di volo, che non volerà mai in linea retta. Dirà che per interpretare le sue composizioni non serve una voce da conservatorio. Il dolore non può essere cantato dalla voce di un professionista, è necessaria una voce sofferta come la sua, che soffre da quarant'anni.
Soffre per la sua gente, per se stessa e per il suo amore spezzato. Si sente come una gallina che pena a causa dello sparviero. Che ama ma di cui ha terrore. Lo sparviero rappresenta il potere capitalistico in tutta la sua potenza. Dice che nelle sue canzoni è sempre presente l'amore. E sempre lo sarà. L'amore che non sempre è costruttivo, ma distrugge e uccide.
Poi inizierà il canto e ci sentiremo trasportati lassù, lassù dove brucia il sole:

"Cuando fui para la Pampa
llevaba mi corazón
contento como un chirigüe,
pero allá se me murió. 1
Primero perdí las plumas
y luego perdí la voz.
Y arriba quemando el sol
."


Un film sentito, partecipato (scavando nell'animo di  Violeta non si poteva fare diversamente). Eppure qualcosa non torna. Nonostante la pellicola proceda anarchica con salti temporali improvvisi, è proprio la creatività che manca. Tutto sembra normalizzato: la fragilità, la complessità, la contraddittorietà, il coraggio, l'inventiva della cantora vengono fuori appena. Dopo Machuca mi aspettavo di più. Probabilmente però riponevo troppe aspettative. E si sa come vanno in questo caso le cose.

7/10
 Violeta se fue a los cielos
(2011) on IMDb



musica appropriata: colonna sonora


giovedì 22 agosto 2013

La notte di fronte

La morte, istruzioni per l'uso


Film cileno del 2012 diretto da Raoul Ruiz.

Don Celso è diventato vecchio, è ad un passo dalla pensione. È anche convinto che qualcuno lo voglia uccidere, che la sua vita stia ormai arrivando alla fine. Rivive così i sogni dell'infanzia, intreccia il passato con il presente, il vero con l'immaginario, i sogni con gli incubi. Tutto, però, con un sorriso ironico sulle labbra.

Si può quasi toccare il tempo che passa, si può vederlo intrecciarsi in grovigli multipli, si può anche pensare che si interrompa, che le ore non si rincorrano l'una con l'altra, o, invece,  si può credere che tutto scorra disordinato, avanti e indietro, indietro e avanti. Il tempo infatti è fatto di piccole biglie, di pietra o di cristallo non importa. L'importante è che con questa biglie del tempo si possano intrecciare collane: anni di cristallo, mesi di bronzo, lustri d'acciaio. È meraviglioso giocare con il tempo. Rivivere i momenti dell'infanzia, in cui si assaporava tutto con ingordigia, con la mente piena di brigantini, pirati e tesori sepolti. Il paradosso del tempo sussiste soltanto nella anime ancora turbolentemente vive, creando un meraviglioso cortocircuito tra quello che sono oggi e quello che hanno perduto, ritornando così ad un tempo più vicino del loro presente, all'origine della loro anima, rivivendo l'infanzia con la consapevolezza della vecchiaia.
Tuttavia il tempo passa lo stesso. Inesorabile. Le foglie cadute si accumuleranno anticipando la tristezza dell'inverno. Ci si sente come in un porto senza barche, un porto senza gabbiani. Ma se si ha consapevolezza che in fondo la vita è un sogno, da assaporare fino in fondo, fino all'ultima goccia, con ironia e disincanto, si potrà facilmente compilarne le istruzioni per l'uso: "laggiù in fondo sta la morte, ma niente paura. Afferra l'orologio con una mano, prendi con due dita la rotellina della corda, falla girare dolcemente. Adesso si apre un altro periodo, gli alberi dispiegano le loro foglie, le barche corrono le loro regate, il tempo come un ventaglio si va empiendo di se stesso, e da esso sgorgano l'aria, le brezze della terra, l'ombra di una donna, il profumo del pane. Che vuoi di più, che vuoi di più?... E laggiù in fondo sta la morte, se non corriamo e arriviamo prima e non comprendiamo che non ha più nessuna importanza". Julio Cortázar

Un film immenso, un vero testamento postumo. Un film in cui si percepiscono ironia, poesia, disincanto, disordine geniale, consapevolezza del proprio destino, e dove, come in un viaggio nel tempo, si rincorrono epoche del passato, anche remoto, in cui tutto si mescola: Beethoven convive con Long John Silver e Jean Giono si meraviglia di se stesso. Tra situazioni grottesche che richiamano certi film di Buñuel, il regista gioca con il tempo e lo spazio, concetti sempre presenti nei suoi film, con disincanto ma senza tristezza. Con la consapevolezza che la morte in fondo è parte integrante della vita.

10/10
 La noche de enfrente
(2012) on IMDb


musica appropriata: Violeta Parra, Gracias a la vida


venerdì 9 agosto 2013

Come and go

Trenodia con panchina


Cortometraggio del 2000 diretto da John Crowley.

Una luce soffusa illumina tre donne, Flo, Vi e Ru, sedute fianco a fianco su una panchina, dall'età indefinibile, vestite con lunghi cappotti di un diverso color pastello, amiche fin dall'infanzia.
Le donne rievocano i tempi andati, tema ricorrente in Beckett. Si viene a sapere che tutte sono probabilmente affette da una malattia incurabile
Solo ieri erano tre ragazze, ora il tempo per loro si sta esaurendo, gli anelli del tronco sono tanti, la vecchiaia è alle porte, così come la morte. Cosa possono fare perché il loro triste fato non si compia? Niente, possono solo andare e venire, muoversi senza uno scopo, senza andare da nessuna parte. Possono solo evocare la morte, rievocando la vita che è anche tempo di sofferenza e tragedia.


Beckett ha coniato, forse ironicamente, per questo breve testo un neologismo: dramaticule, volendo così sdrammatizzare il tutto. Mi sembra ci sia riuscito solo in parte, riflettendoci, questa rappresentazione è di una tristezza senza pari.

Le tre donne, come le tre streghe di Macbeth, le tre Parche, conoscono il destino degli altri, ma ignorano il proprio. 

The weird sisters, hand in hand,   
Posters of the sea and land,   
Thus do go about, about, 
Thrice to thine and thrice to mine   
And thrice again, to make up nine.   
Peace! The charm’s wound up.

musica appropriata: Teatro satanico L'occidente

martedì 6 agosto 2013

Me too

Stalker


Film russo del 2012 diretto da Aleksei Balabanov.

Una leggenda narra che in  un villaggio tra San Pietroburgo e Uglič sorga un campanile che può dare la felicità a chi vi entra, trasportandolo lontano. Non a tutti è concessa, però. Così un criminale, un musicista, un alcolizzato, sfidando la contaminazione atomica, partono alla ricerca della felicità sognata.

Camminavo, camminavamo, con circospezione, facendo attenzione a non calpestare cadaveri, con passo pesante nella neve alta, ma con la speranza, la sicurezza quasi, di raggiungere la felicità. 
E camminando siamo giunti al campanile.
Non ci sono guide, non ci sono sentieri già tracciati, c'è solo tanta neve e una tristezza da crepuscolo dell'umanità. Un paesaggio da sogno mal sognato si dispiega innanzi a noi in tutta la sua sinistra bellezza. All'improvviso sento tanto freddo, sdraiato sulla neve candida, assalito da un panico grottesco, aspetto che arrivi finalmente la felicità.



Ultimo film di Balabanov, purtroppo morto nel maggio di quest'anno. Un film non completamente riuscito, con una prima parte (la preparazione al viaggio) alla Kaurismaki, e una seconda parte decisamente onirica e tarkovskiana.

7/10
 Ya tozhe khochu
(2012) on IMDb


musica appropriata: Barn Owl, The Long Shadow

lunedì 29 luglio 2013

La quinta stagione

Il cavallo fuori stagione


Film belga del 2012 diretto da Peter Brosens e da Jessica Woodworth.

In un piccolo villaggio delle Ardenne l'inverno respinge ogni tentativo della primavera di farsi largo. I semi, nella terra gelata, non germogliano, le mucche non danno latte, la natura tutta non riesce ad uscire dal letargo invernale. Ben presto comparirà la fame. Quella vera.

Iniziò tutto in una remota landa ai confini del mondo. I tarli si zittirono improvvisamente, Smisero di nutrirsi, rinunciarono a vivere, preferendo il silenzio della morte. Poi anche il cavallo rifiutò il cibo. Qui da noi l'epidemia si è sbizzarrita: l'inverno rifiuta di andarsene. I rami degli alberi cominciano a cadere esausti, le galline stramazzano al suolo col collo storto, i galli si rifiutano di cantare perché sanno già che gli uomini indosseranno la maschera della meschinità; il loro cuore si essiccherà proprio come la terra che fino a quel momento hanno coltivato e che ora si rifiuta di germogliare. I bambini diventano violacei mentre giocano e cadono addormentati come se avessero preso un sonnifero. Alcuni non si sveglieranno più. Chi può, come gli imenotteri, fugge lontano e non tornerà. Tutto è stravolto, niente sarà come prima. Il benessere accumulato negli anni scomparirà al primo schiocco di dita, il soffio del vento tacerà per sempre e i bisbigli si trasformeranno in grida.

Un film immenso, inaspettato rispetto ai, pur ottimi, Khadak e Altiplano. Le scene iniziali possono prendere in contropiede, può sembrare un film per schizzati (gustoso ugualmente, certo, ma allora avrebbe richiesto un altro tipo di attenzione), invece è riflessivo, pacato e, contemporaneamente, denso di attese trepidanti, disillusioni, inquietudini (la scena dove la ragazza sull'altalena perde sangue dal naso è degna del miglior film horror). 

9/10
 La cinquième saison
(2012) on IMDb


musica appropriata: Ólafur Arnalds-Kjurrt,..And They Have Escaped The Weight Of Darkness











domenica 28 luglio 2013

Neprijatelj (The enemy)

Poveri diavoli


Film serbo del 2011 diretto Dejan Zecevic.

Una unità di artificieri ripulisce un campo minato nelle campagne bosniache. La guerra è terminata da pochi giorni, un trattato di pace ne ha decretato la fine. I soldati trovano, murato vivo in una fabbrica abbandonata, un uomo di mezza età. È in perfetta salute, non ha neanche bisogno di bere o di mangiare. Risponde educatamente ad ogni domanda e dice di essere "uno di loro". Ma tra i soldati si diffonde il sospetto che quell'uomo misterioso non sia una persona come tutti gli altri.

L'avevano portato all'alba. E adesso che il sole era già alto era ancora lì, in attesa. Era calmo, educato, rispondeva a tono e sembrava non aver bisogno di niente. Neanche di bere o di mangiare. Chissà perché sapeva con certezza che non l'avrebbero ammazzato, aveva una gran voglia di vivere, come la può averne uno che è appena resuscitato. Tutti ne avevano paura, lo chiamavano diavolo, dio, demiurgo e dicevano che se lo avessero ucciso sarebbe scomparso anche il mondo, che lui aveva creato. Ma se era un diavolo, era davvero un povero diavolo.

È salutare non farsi mai esami di coscienza, pensare che il male ti attraversi senza contaminarti, che la colpa di tutto sia sempre da addebitare ad altri, umani o non. 
È l'atteggiamento di chi campa cent'anni. In salute e senza problemi. In fondo cos'è la guerra, se non un ottundimento delle coscienze, un offuscamento del raziocinio, un adeguarsi al branco dominante? La colpa è solo collettiva, un povero diavolo non ha nessuna responsabilità.
Un film che, nonostante le buone premesse, si inceppa, si intoppa. In definitiva una occasione sprecata.

6,5/10
 Neprijatelj
(2011) on IMDb


musica appropriata: Clap your hands say yeah, Satan said dance